Parlamentarismo e democrazia by Carl Schmitt

Parlamentarismo e democrazia by Carl Schmitt

autore:Carl Schmitt [Schmitt, Carl]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 88-85350-66-6
editore: Marco editore
pubblicato: 1998-09-14T22:00:00+00:00


ETICA DELLO STATO E STATO PLURALISTA

I

Il giudizio oggi più accreditato e del tutto dominante sullo Stato è costituito dal titolo di un articolo americano spesso citato (di Ernest Barker, del 1915) che meglio lo riassume: The Discredited State, lo Stato caduto in discredito. Anche negli Stati molto forti, la cui politica estera e il cui ordine interno non sono minacciati, cioè negli Stati Uniti e in Inghilterra, le rappresentanze riconosciute dello Stato sono vivamente criticate a partire dalla guerra, e la vecchia pretesa dello Stato di costituire l'unità e la totalità sovrane è stata scossa. In Francia, alcuni teorici del sindacalismo hanno proclamato fin dal 1917 che lo Stato è morto. Su questo argomento esiste da vent'anni una letteratura sociologica e giuridica che contesta allo Stato come alla legge una qualsiasi superiorità, e che li subordina ambedue alla società. Fra i giuristi moderni, menzioneremo in questa sede solo i nomi importanti e interessanti di Léon Duguit e di Maxime Leroy. In Germania, la crisi esplode solo con il crollo del Reich bismarckiano, nel momento in cui deperiscono le rappresentanze, date per incrollabili, dello Stato e del governo. Dal 1919 si è vista apparire una serie di opere dedicate alla crisi; basterà ricordare il titolo di un libro di Alfred Weber: Die Krisis des europäischen Staatgedankens [La crisi dell'idea di Stato in Europa]. Vi si può aggiungere un'importante produzione scritta vertente attorno alla teoria dello Stato e del diritto internazionale; essa cerca, da parte sua, di eliminare la nozione di sovranità e, assieme a questa nozione, la rappresentazione riconosciuta dello Stato come di un'unità superiore a tutti i raggruppamenti particolari.

Il crollo dello Stato è sempre contemporaneamente un crollo dell'etica dello Stato. Infatti, tutte le concezioni riconosciute dell'etica dello Stato condividono il destino dello Stato concreto, che sempre presuppongono e che con esso cadono in discredito. Quando il «Dio in terra» cade dal proprio trono ed il regno della ragione e della vita morale oggettiva diviene un magnum latrocinium, i partiti riducono a pezzi il potente Leviatano ed ognuno si ritaglia la sua parte di carne dal suo cadavere. Che cosa resta allora dell'«etica dello Stato»? Il colpo non raggiunge solo - come si potrebbe credere - l'etica dello Stato secondo Hegel, che faceva dello Stato il creatore e il portatore di un'etica autonoma; non intacca soltanto l'idea di Stato etico della dottrina fascista, ma anche l'etica kantiana dello Stato e dell'individualismo liberale. Anche se quest'ultimo non scorge nello Stato il soggetto e il portatore di un'etica autonoma, anche se la sua etica dello Stato consiste prima di tutto nel legare lo Stato a delle norme etiche, essa nondimeno parte sempre - eccettuato solo il caso di alcuni anarchici radicali - dall'idea che lo Stato è un'istanza suprema e il giudice decisivo sul «mio» e sul «tuo» visibili; attraverso di esso verrà superato lo stato di natura puramente normativo e dunque sprovvisto di giudice: si tratta, effettivamente, di uno status justitia (o, più esattamente, judice) vacuus, nel quale ognuno è giudice dei propri affari.



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